La ricerca per Mangione è stata sempre il contrappunto alla incontestabilità dell’artista per il suo stesso operare; ricerca di una personale poetica, sempre pronto Lui, a rifiutare quella altrui, intesa come qualcosa, capace di provocare il rigetto.
E così, lungo il corso del suo fare artistico, ecco apparire, accanto ai paesaggi, nei quali sembrano sciogliersi percadenze musicali divisioni, certa sua innata disposizione d’animo e la capacità di appercezione i ritratti delle persone che frequenta ed anche le impressioni delle cose della vita quotidiana come frutta e fiori.
In questo suo fare accanto alla difficoltà, in sè del dipingere e caratterizzare un ritratto c’è la paura di ritorni accademici delle matrici alte.
Senonchè, spesso, certa nativa libertà di riprendere un volto, ubbidendo al proprio etimo spirituale, gli permette di raggiungere esiti felici: e così, allora che verrà fuori il quadro del vecchio zio, più vivo di quanto non fosse in carne ed ossa.
Però, un bel momento, lungo il corso del processo artistico della pittura di Mangione, si avverte come una svolta, caratterizzata da un cambiamento improvviso di modi formali e coloristici, quasi una sorpresa, dapprima con esempi esitanti; poi con sicurezza di modi e di intenzioni.Oggi, lo sforzo maggiore di Leonzio Mangione sembra soprattutto diretto a conquistarsi l’autonomia pittorica, uno stile personale, fatto di invenzioni coloristiche e di
adeguate esecuzioni anche se in pittura come in letteratura, certe cose, quasi inconsapevolmente, per memoria inconscia, paiono far ritorno dal passato.Antonio Miccoli